Sfruttati e discriminati in Messico e in Africa

In Messico e in Sudafrica gli indios e i neri sono stati sfruttati e discriminati per secoli. All’origine di ciò c’è la conquista di quei territori da parte di gruppi etnici diversi e dominanti con la successiva formazione delle colonie. In Messico. Nel 1519 lo spagnolo Hernán Cortés, sconfitte le truppe mexica, fonda Veracruz, il primo insediamento spagnolo in Messico.
Nel 1520 il Messico diventa formalmente colonia spagnola sotto il nome di Nuova Spagna, con un territorio esteso tre volte quello del Messico odierno. Nel 1521 Cortés completa la conquista e la distruzione dell’Impero azteco-mexica e s’insedia a Tenochtitlán (Città del Messico) dove nel 1922 diventa governatore della colonia. I religiosi (francescani, domenicani, agostiniani e gesuiti) tentano di elevare le condizioni di vita dei mexica, ma li costringono a convertirsi al cristianesimo. Inoltre non riescono a contrastare il regime vessatorio dei coloni che ottengono concessioni di territori, encomiendas e repartimientos, con l’obbligo, da parte degli indios, di prestazioni gratuite di manodopera, vero e proprio lavoro forzato, abolito solo nel 1729. Nel 1535 al posto di Cortés, che cessa di essere governatore nell’ottobre 1528, si insedia il primo viceré Antonio de Mendoza.
Mentre l’immigrazione degli spagnoli dall’Europa aumenta sempre di più, gli indigeni vengono sterminati. Si costituisce una società fortemente differenziata e stratificata al cui vertice sta un’aristocrazia di criollos, bianchi nati in colonia, detentori del potere economico e politico. Sotto i criollos esiste un esile ceto medio di artigiani e professionisti, composto in gran parte da meticci, e, nel ceto più basso, un’immensa massa di indios e meticci ridotti al limite della sopravvivenza fisica e sottoposti alle forme più brutali di sfruttamento. Nel 1810 Miguel Hidalgo y Costilla, un prete messicano, promuove una rivolta contro gli spagnoli nella speranza di conquistare l’indipendenza del Messico. Nel 1821 Messico e Spagna sottoscrivono il Trattato di Córdoba per l’indipendenza messicana. Tre anni più tardi il Messico diventa repubblica. Dal 1910 al 1917 scoppia la Rivoluzione messicana, sollevazione borghese e contadina contro l’oligarchia latifondista e il regime dittatoriale e clericale.
Sotto il governo dittatoriale di Porfirio Diaz, infatti, poche famiglie si erano impossessate con la forza delle terre comuni indigene, gettando nella miseria milioni di contadini. I capitali stranieri, soprattutto inglesi e statunitensi, avevano inoltre acquisito il controllo delle miniere e delle riserve petrolifere. Nel 1917, con l’entrata in vigore della nuova costituzione di carattere anticlericale, fortemente nazionalista, che prevede ampie concessioni ai lavoratori urbani e una moderata riforma agraria, si chiude il ciclo rivoluzionario costato oltre un milione di morti. Ma la rivoluzione del 1910 ha permesso di scoprire l’esistenza di un’identità culturale messicana che diventerà il nucleo centrale per lo sviluppo di un carattere nazionale e per il superamento di ogni forma di razzismo. In Sudafrica. Il Capo di Buona Speranza, scoperto nel 1486 da Bartolomeo Diaz, diventa per un secolo e mezzo l’appoggio portoghese alla via delle Indie. Nel 1652 arrivano i primi coloni olandesi che sterminano le popolazioni locali.
Ben presto giungono altri coloni, soprattutto dei Paesi Bassi, tedeschi, ugonotti, scozzesi. La fusione di questi popoli dà vita ad un nuovo popolo, i boeri o afrikaner. Nel 1795 gli inglesi occupano Città del Capo facendo della città la base di partenza per la penetrazione nel continente africano durante la guerra anglo-olandese nel 1797. Nel 1805, dopo aver sconfitto i boeri, i Britannici annettono la colonia del Capo. Nel 1873 gli inglesi pongono alla guida della nazione il capo tribù Zulù Cetawayo. Ben presto egli diventa un pericolo per i colonizzatori e gli inglesi sono costretti a combatterlo. Dopo quattro anni di guerra estenuante, Cetawayo è catturato e lo Zululand diventa colonia britannica. La scoperta dei diamanti nel 1867 e dell’oro nel 1886 stimolano l’immigrazione ed intensificano il soggiogamento dei nativi. I boeri resistono con successo agli attacchi britannici durante la Prima Guerra Boera del 1880-1. Nella Seconda Guerra Boera del 1899-1902 i britannici riescono a sopraffare le forze nemiche. Nel trattato di pace, firmato a Pretoria nel 1902, si dichiara la sovranità britannica sulle repubbliche sudafricane. Una delle disposizioni principali del trattato stabilisce che ai neri non venga dato il diritto di voto, tranne che nella colonia del Capo. Nel 1910 viene creata l’Unione Sudafricana che resta territorio britannico, ma governato da Afrikaner, dominion autonomo in seno al Commonwealth. Dopo aver partecipato a fianco dell’Inghilterra alla Prima Guerra Mondiale e aver acquistato così grande prestigio internazionale, la Repubblica Sudafricana affronta un periodo di agitazione interna a causa del prevalere dei boeri nazionalisti sugli inglesi. Nelle elezioni del 1924 vince il boero Herzog che introduce nel paese la segregazione razziale, l’apartheid.
Nel 1931 il Parlamento inglese riconosce piena indipendenza al Sudafrica. L’Unione Sudafricana opera una politica sempre più rigorosa di segregazione razziale con perdita dei diritti civili delle popolazioni nere, specialmente dal 1948, dopo la vittoria elettorale dell’ala destra del Fronte Nazionale. L’apartheid causa gravi contrasti interni e aliena al Sudafrica il sostegno della comunità internazionale. Nel 1961 le Nazioni Unite condannano la linea politica interna dello stato sudafricano e impongono al paese pesanti sanzioni economiche. Le opposizioni nere, tra cui l’African National Congress (ANC), messe fuori legge, passano all’azione distruggendo alcune centrali elettriche. Il governo soffoca duramente le proteste contro il regime, finché nel 1975 la tensione razziale porta alla rivolta del ghetto nero di Soweto. Con l’avvento al potere di F. W. De Klerk, prende avvio il processo di smantellamento dell’apartheid. L’abrogazione delle principali leggi segregazioniste è il presupposto per l’avvio dei negoziati tra governo e l’ANC di Nelson Mandela che viene liberato nel 1990.
Due anni dopo, un referendum tra la popolazione bianca sancisce la definitiva abolizione dell’apartheid, aprendo la strada allo svolgersi delle prime libere elezioni multirazziali del 1994. All’afrikaans e all’inglese si aggiungono nove lingue africane native, considerate a tutti gli effetti lingue ufficiali.

 

 

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